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SFIDA AL SINODO: UNA NUOVA SERIE DI DUBIA
A sette anni dai dubia sull'Amoris Laetitia, cinque cardinali di cinque continenti rendono pubbliche le domande e stavolta il Papa finge di rispondere, ma è solo per cercare di coprire la figuraccia dell'altra volta (VIDEO: card. Burke)
di Riccardo Cascioli

Cari cattolici, in occasione del Sinodo (e non solo) «alti Prelati» fanno dichiarazioni gravemente contrarie alla fede cattolica che non sono mai corrette da chi dovrebbe. Per questo abbiamo posto delle domande precise a papa Francesco, secondo la tradizione della Chiesa, a cui però non risponde. Quindi le rendiamo pubbliche, perché non siate disorientati dalla confusione regnante e non cadiate in errore. È questa la sostanza della Lettera ai fedeli laici sottoscritta da cinque cardinali - Raymond Leo Burke, Walter Brandmüller, Robert Sarah, Joseph Zen Ze-kiun, Juan Sandoval Íñiguez -, resa pubblica oggi, 2 ottobre, in tutto il mondo e accompagnata dalla pubblicazione dei cinque Dubia sottoposti a papa Francesco, che la Nuova Bussola Quotidiana pubblica in esclusiva per l'Italia (insieme a Settimo Cielo, il blog di Sandro Magister).
I "Dubia" sono domande formali poste al Papa e alla Congregazione per la Dottrina della Fede per chiedere chiarificazioni circa particolari temi concernenti la dottrina o la pratica. Come si ricorderà a papa Francesco già nel 2016 furono sottoposti cinque Dubia dopo la pubblicazione dell'Esortazione post-sinodale Amoris Laetitia: anche in quell'occasione c'era la firma dei cardinali Burke e Brandmüller, a cui si aggiungevano I cardinali Carlo Caffarra e Joachim Mesner, nel frattempo deceduti. Da allora papa Francesco non ha mai risposto direttamente ai Dubia, solo risposte indirette che si ricavano dai suoi atteggiamenti.

IL PAPA FINGE DI RISPONDERE
Ora il copione sembra ripetersi, però con due importanti novità: anzitutto si allarga il numero dei cardinali che mettono la firma sotto ai Dubia (ora c'è un rappresentante per ogni continente). E da ricordare che i cardinali firmatari avrebbero dovuto essere sei, perché molto attivo nel processo per arrivare alla formulazione dei Dubia è stato il cardinale australiano George Pell, morto improvvisamente l'11 gennaio scorso.
In secondo luogo questa volta abbiamo due versioni dei Dubia: la prima porta la data del 10 luglio. A questa papa Francesco ha risposto addirittura il giorno seguente, ma non nella forma canonica, che è quella di risposta a domanda, ma sotto forma di una lettera che però - come è nel suo stile - sfugge al nocciolo della questione.
Così i cinque cardinali hanno riformulato i Dubia in modo che il Papa potesse rispondere semplicemente con un "sì" o un "no". In questo modo riformulati sono stati di nuovo inviati a papa Francesco il 21 agosto. Da allora è calato il silenzio.
Solo sul contenuto dei quesiti, però. Ora infatti si comprende meglio perché in questi ultimi tempi il cardinale Burke sia stato fatto oggetto di frecciate polemiche sia da parte del Papa - nella conferenza stampa di ritorno dalla Mongolia - sia da parte del neo-prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Victor Manuel Fernández, nell'intervista al National Catholic Register. È forse un segno del nervosismo che questa iniziativa genera e che ora piomba su un Sinodo che sta sollevando molte polemiche sia sui contenuti sia sulle modalità di svolgimento e comunicazione.
Infatti i cinque Dubia vanno al cuore degli argomenti che saranno trattati nel Sinodo o sono comunque fondamentali per comprendere cosa c'è in ballo nell'assemblea sinodale (peraltro un contributo importante sarà anche il Convegno "La Babele Sinodale" che la Bussola organizza a Roma il 3 ottobre).
Il fatto che siano resi pubblici alla vigilia del Sinodo è significativo della preoccupazione di ampi settori della Chiesa per quanto sta avvenendo e per le dichiarazioni di chi guiderà il Sinodo.

I CINQUE DUBIA
Ecco in sintesi le questioni poste dai cinque cardinali:
1. Il primo Dubium riguarda il valore immutabile della Divina rivelazione. Nella prima versione si fa riferimento a quanti sostengono che «la Divina Rivelazione debba essere reinterpretata secondo i cambiamenti culturali del nostro tempo». E quindi si chiede al Papa «se la Divina Rivelazione sia vincolante per sempre, immutabile e quindi da non contraddire». Data la risposta evasiva, nella riformulazione si chiede ancora più precisamente se è possibile che «la Chiesa insegni oggi dottrine contrarie a quelle che in precedenza ha insegnato in materia di fede e di morale».
2. Il secondo quesito è in qualche modo una esemplificazione del primo. Cioè: davanti al diffondersi della prassi di benedire le unioni di persone dello stesso sesso, si può dire che questo sia in accordo con la Rivelazione e il Magistero?
Nella riformulazione il quesito diventa doppio, perché è chiaro che tale benedizione non riguarda tanto le singole persone quanto l'omosessualità in sé. E infatti la domanda è: «È possibile che in alcune circostanze un pastore possa benedire unioni tra persone omosessuali, lasciando così intendere che il comportamento omosessuale in quanto tale non sarebbe contrario alla legge di Dio e al cammino della persona verso Dio?».
E in secondo luogo, come conseguenza, ci si sposta su qualsiasi atto sessuale fuori del matrimonio, omosessuale in particolare: è ancora un peccato oggettivamente e sempre grave?
3. Il terzo quesito riguarda la sinodalità, che alcuni ritengono «dimensione costitutiva della Chiesa». Non significherebbe questo un sovvertimento dell'ordine voluto da Gesù stesso per cui «la suprema autorità della Chiesa viene esercitata» dal Papa e dal collegio dei vescovi?
Nella riformulazione la domanda si fa ancora più precisa e attuale: sarà dato potere al Sinodo di scavalcare l'autorità del Papa e del collegio dei vescovi sulle materie dottrinali e pastorali di cui si occuperà?
4. Il quarto Dubium si concentra sulla possibilità dell'ordinazione sacerdotale delle donne, che mette in discussione sia la definizione di sacerdozio ministeriale, ribadita dal Concilio Vaticano II, sia l'insegnamento di san Giovanni Paolo II che aveva già dato per definito questo argomento.
E nella riformulazione si chiede se in futuro non ci sia questa possibilità.
5. L'ultimo Dubium riguarda il perdono definito «diritto umano» e l'assoluzione dai peccati sempre e comunque, come più volte ha insistito papa Francesco. Si può essere assolti senza pentimento, contraddicendo tutto ciò che la Chiesa ha sempre insegnato?
Nella riformulazione la domanda precisa ancora meglio: può essere assolta sacramentalmente una persona che rifiuta il proposito di non commettere il peccato confessato?

Nota di BastaBugie: Luisella Scrosati nell'articolo seguente dal titolo "I Dubia daranno frutto a suo tempo" spiega perché i dubia presentati al Papa sono un atto perfettamente legittimo. Non si tratta di mettere in difficoltà il Papa, ma di ricorrere a quell'ufficio che compete a lui solo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 ottobre 2023:

Che cosa pensare della via dei dubia, scelta dai cinque cardinali firmatari di questa nuova serie, che segue di sette anni quella resa nota dopo la pubblicazione dell'esortazione post-sinodale Amoris Lætitia? Possiamo immaginare che, almeno a livello mediatico, verranno considerati un attacco diretto a papa Francesco, un'iniziativa volta a dividere la Chiesa, o ancora un modo per mettere in discussione il Sinodo che sta per iniziare. Tra quanti sono invece piuttosto critici verso questo pontificato, non mancheranno coloro che riterranno questa iniziativa inutile, soprattutto alla luce della risposta mai pervenuta ai dubia del 2016.
Per capire che invece la strada scelta dai cinque cardinali firmatari è quella corretta, occorre riflettere sulla natura dell'adesione dei fedeli al magistero, e sulla modalità con cui essi sono chiamati a relazionarsi alla piena e suprema autorità, che appartiene a due soggetti: al «Romano Pontefice, in forza del suo Ufficio, cioè di Vicario di Cristo e Pastore di tutta la Chiesa», e al collegio dei vescovi «insieme col suo capo il romano Pontefice, e mai senza questo capo» (Lumen Gentium, 22).
C'è un atteggiamento che potremmo considerare "massimalista", secondo il quale qualsiasi cosa contenuta in documenti ufficiali del Sommo Pontefice e dei Dicasteri richiederebbe un assenso certo; nessun riguardo al tipo di documento, a quale sia il grado di assenso richiesto, all'argomento trattato, alla reiterazione di un certo insegnamento nel magistero. I massimalisti tra i massimalisti esigono lo stesso indiscutibile assenso anche per qualsiasi affermazione del Pontefice pronunciata in un contesto informale, come, per esempio, un'intervista. La posizione massimalista assume normalmente un'attitudine volontarista, che può essere così espressa: non serve che tu comprenda; è sufficiente (e necessario) che tu obbedisca. In questo modo il Magistero viene trasformato in uno strumento di governo assolutista. Al fedele si richiede che la volontà elimini le esigenze della ragione.
Sull'altro versante si colloca un atteggiamento "minimalista", per il quale solo il Magistero infallibile e definitivo richiederebbe un assenso dell'intelligenza. Sul resto sarebbe sufficiente avere un atteggiamento rispettoso, giudicando però da sé della verità e ortodossia di tali enunciati. Il minimalismo conduce quasi inevitabilmente all'autoreferenzialità, cioè all'attribuire a se stessi l'autorità di dirimere in ultimo questioni di natura dottrinale e morale. Il proprio giudizio diviene in definitiva il criterio determinante della verità o falsità di un enunciato.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 892, ricorda che il Magistero della Chiesa, anche quando non insegna in modo infallibile o definitivo, va accolto con il «religioso ossequio dello spirito» in quanto - attenzione - «porta ad una migliore intelligenza della Rivelazione in materia di fede e di costumi». Non è intenzione di questo articolo entrare nella spiegazione di cosa sia questo «religioso ossequio» dovuto al Magistero meramente autentico. Il punto che interessa, è che il senso dell'esistenza di quest'ultimo è quello di guidare l'intelligenza dei fedeli ad aderire alle verità di fede, alle verità ad esse strettamente connesse, e offrire una «migliore intelligenza della Rivelazione».
La posizione massimalista non comprende più questo aspetto intellettivo, mentre quella minimalista cade nel libero esame del Magistero. È chiaro che quando un fedele percepisce che alcune affermazioni del Pontefice o di vescovi che non vengono poi ripresi e corretti cozzano contro quelle verità a cui hanno dato un assenso certo, quando non riesce a vedervi una continuità con il costante insegnamento della Chiesa, deve domandare all'autorità suprema di chiarire. E questa ha il dovere di rispondere a questa domanda. Il ministero petrino esiste per confermare i fratelli nella fede; e nessun altro può dire l'ultima parola a riguardo.
Il problema non è meno acuto quando, anziché da affermazioni problematiche e poco chiare presenti in documenti ufficiali - pensiamo ad Amoris Lætitia -, la fede viene minacciata da infelici esternazioni informali, ma pur sempre pubbliche, o ancora da atti che rivelano una concezione eterodossa.
I dubia presentati al Papa in due formulazioni dai cinque cardinali firmatari sono un atto perfettamente legittimo, che corrisponde adeguatamente all'atto umano dell'assenso, il quale non è un mero atto di obbedienza né un'adesione a ciò che il singolo ritiene personalmente essere giusto. Il senso di questi quesiti è di sollecitare il successore di Pietro a fare quel che deve e per cui esiste: confermare i suoi fratelli, perché essi possano prestare un rationabile obsequium.
Pochi pastori, ormai, stanno dimostrando di saper tenere nella giusta considerazione il ministero petrino e rispettare la natura del magistero, che deve appunto gettare luce su ciò che non è chiaro e non seminare il dubbio su ciò che è certo. Questo atteggiamento dimostra altresì la grande stima e rispetto che questi pastori hanno verso i fedeli, non esigendo da loro un'obbedienza cieca, che lascia l'intelletto senza un contenuto su cui riposare, né abbandonandoli in balìa del proprio personale giudizio, ma li considerano degni di essere coinvolti in una quanto mai necessaria opera di chiarificazione.
Un'opera che dev'essere di effettiva chiarificazione, non di semplice raccomandazione o esortazione alla fiducia, le quali, senza un contenuto aletico, dimostrano ancora una volta una concezione assolutista dell'autorità e volontarista dell'assenso. In questo senso, la riformulazione dei dubia è stato un atto necessario. Il popolo di Dio non può essere lasciato nell'incertezza su punti così capitali, quali quelli sollevati. Intendiamoci: la Chiesa si è già espressa con chiarezza, ma era ed è necessario che il Papa, questo Papa, proclami queste verità, oggi nuovamente e in diversi modi non solo minacciate, ma negate dagli stessi pastori, incluse alcune affermazioni del Pontefice stesso.
Non si tratta di mettere in difficoltà il Papa, ma di ricorrere a quell'ufficio che compete a lui solo. In un tempo di confusione, durante il quale alcuni monaci volevano che san Girolamo sottoscrivesse una formula trinitaria a lui non chiara, il Dottore della Chiesa, scrivendo a papa Damaso, non ebbe dubbi: «Ho deciso di consultare la Cattedra di Pietro, dove si trova quella fede che la bocca d'un Apostolo ha esaltato (...) Io non seguo altro primato che quello di Cristo; per questo mi metto in comunione con la tua Beatitudine, cioè con la Cattedra di Pietro. So che su questa pietra è edificata la Chiesa» (Lettera XV, 1-2, passim).
Quella dei dubia è una fatica sprecata? Un'iniziativa senza speranza di successo? È destinata al fallimento come la strada della "riforma della riforma" o come quella dell'ermeneutica della riforma nella continuità? Il punto è che tutte queste "strade" corrispondono alla verità, alla natura delle cose; non sono strategie di politica ecclesiastica, che devono essere misurate in termini di efficienza immediata. Sono strade faticose, in salita, fortemente osteggiate, che non raccolgono il consenso delle masse. Poco importa. Esse hanno profonde radici e, come ci avverte il salmista, daranno «frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere» (Sal. 1, 3). Non prima, non dopo: a suo tempo.

VIDEO: LA SINODALITÀ CONTRADDICE LA VERA IDENTITÀ DELLA CHIESA
Nel seguente video (durata: 38 minuti) dal titolo "La sinodalità contraddice la vera identità della Chiesa" si può vedere l'intervento del card. Raymond Leo Burke al convegno "La babele sinodale" organizzato a Roma dalla nuova Bussola Quotidiana il 3 ottobre 2023.


https://www.youtube.com/watch?v=3rASH_w2BzA

 
Titolo originale: Sfida al Sinodo. Una raffica di Dubia si abbatte su Francesco
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 2 ottobre 2023